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Le sfide della complessità

di Pier Paolo Soncin, capogruppo PD consiglio comunale Grugliasco

I deludenti risultati ottenuti da Partito Democratico anche in questo territorio, storicamente favorevole alle ragioni della sinistra, impongono una riflessione non più rinviabile. E’ evidente che ai nostri argomenti,  gli elettori hanno preferito quelli del Movimento 5 Stelle e del  Centro destra. Non mi dilungo su questioni già dibattute anche in queste pagine. Mi interessa invece porre l’accento su un tema che appare agli onori delle cronache  ma, da quanto mi consta, non è certo frequente oggetto di discussione nelle stanze e nei seminari di Partito. Sto parlando della complessità e di quanto al contrario oggi  sembrino pagare di più messaggi semplificanti la realtà, a tutto discapito di elementi di responsabilità e serietà. L’epoca che stiamo attraversando, è la più complessa della storia dell’umanità. Globalizzazione ed innovazione tecnologica hanno profondamente modificato i processi produttivi e la progressiva finanziarizzazione dell’economia ha sottratto risorse economiche fondamentali alla creazione di nuovo  lavoro. Di fronte a noi ci sono problemi enormi come le migrazioni di massa, i cambiamenti climatici, l’aumento demografico nei paesi del sud del mondo, le difficoltà a mantenere uno stato sociale decente. Questi sono solo alcune delle questioni attualmente sul tappeto, che vengono largamente sottostimate nella loro complessità, purtroppo anche all’interno del mio Partito. Oggi vige il governo della semplificazione e il chiacchiericcio politico in tv, sui giornali e nei social, si impegna a produrre slogan, ad elencare promesse impossibili da mantenere, il tutto condito da attacchi ai “palazzi del potere”, cercando il contatto diretto con il “popolo”, senza passare per le necessarie mediazioni dei Partiti, dei sindacati, delle associazioni. Strutture abolite dall’ansia della disintermediazione che tutto azzera ed appiattisce, aprendo la porta a scorciatoie molto pericolose. La “via corta” di una democrazia meno complessa, basata sul mero elemento della decisione puntuale o addirittura presa solo su internet, contiene preoccupanti elementi di dispotismo già visti nel passato.

Vi è una condizione psicologica generale, che potremmo definire dell’ ansia della certezza e della semplificazione, che nasce dall’irruzione dell’incertezza nelle nostre vite e in quelle della classe media, che ha dato voce a chi voleva il superamento di tutte le “strutture intermedie” che si pongono tra l’individuo e le istituzioni, in favore di un rapporto diretto del quale il singolo diventa protagonista. Se nessuno più si iscrive al sindacato o ai partiti politici; se le parrocchie e le associazioni di volontariato languono mentre ciascuno si accontenta di vivere entro “reti virtuali” tanto estese quanto fragili, il risultato è un impoverimento relazionale che indebolisce la società. Viene a mancare il “capitale sociale” , quella struttura basata sulla solidarietà tra i membri di una comunità che genera una “fiducia collettiva” e induce a comportamenti desiderabili (bassa criminalità, tendenza alla solidarietà e alla collaborazione) e limita anche problemi individuali (isolamento sociale, alcoolismo, depressione, suicidi).

Attorno ai partiti è venuto a mancare un brodo di coltura: un’area collaterale di soggetti sociali, associazioni e rappresentanze, grazie alle quali i partiti stessi non erano soli, il rapporto con la società e gli interessi diffusi era mantenuto saldo e le istituzioni potevano trovare una mediazione stretta con la base sociale del Paese.

Solo la tradizione della sinistra può recuperarlo e tornare alla mediazione, al dialogo, al rapporto, alla rappresentanza, alla relazione come medicina culturale ancor prima che politica; ricostruire l’autorità sulla rappresentanza.

All’ansia della ricerca della semplicità bisogna sostituire il gusto per la complessità, il gusto per la libertà, come avrebbe detto Alexis de Tocqueville.

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