Lavoro

Welfare aziendale e solidarietà espansiva: rivoluzionare il paradigma del lavoro.

di Claudio Ferrari

La crisi economica che i rappresentanti nazionali, politici ed economici ci dicono avere inizio nel 2008; la micro impresa, composta da piccoli imprenditori, artigiani e commercianti ci indicano difficoltà acclamate anche anni prima, ci obbligano a rivedere e riconvertire il paradigma del lavoro e della occupazione.

Ieri il governo Gentiloni ed oggi l’esecutivo giallo/verde hanno attuato provvedimenti che tentavano, e tentano, di arginare la disoccupazione, l’emigrazione verso i Paesi del nord Europa di moltissimi nostri ragazzi e la povertà assoluta e parziale delle famiglie italiane.

L’intervento dello Stato non può essere la soluzione che dura nel tempo. Per questo, da alcuni anni, la regione Emilia Romagna attraverso una iniziativa del Consigliere Regionale Pier Giovanni Alleva, ordinario di diritto del lavoro all’Università di Bologna, ha elaborato e applicato una forma di solidarietà espansiva, chiedendo a imprenditori e collaboratori di produzione di lavorare un giorno in meno, compensando la perdita con interventi di welfare aziendale; l’accordo ha permesso, per ogni quattro ore dismesse pro-capite, di creare un posto di lavoro.

Questo metodo virtuoso ha permesso anche ad altre regioni, per esempio Trentino e Molise, di studiare e poi applicare questa riforma produttiva ed occupazionale.

La ridistribuzione del carico lavorativo e il contratto di solidarietà espansiva è già una proposta degli anni ’80, rivisitato con l’applicazione del jobs act.

Sono accordi da sottoscrivere azienda per azienda e su base volontaria, nei quali viene calcolata a regime una perdita di salario pari al 20% ma compensato con un riconoscimento salariale da parte dell’ azienda che include il pagamento di quote asili nido, mense scolastiche, buoni spesa e compensazione spese mediche a fronte di una defiscalizzazione sugli oneri dovuti.

L’idea del prof. Alleva si è estesa anche ad alcune G.D.O. ed alle COOP Felsinee, le quali han già fatto sapere di essere disposte ad elargire buoni spesa con uno sconto del 15 per cento ai propri dipendenti in funzione della applicazione dei nuovi contratti.

Il Parlamento Italiano dovrebbe intervenire con la modifica del “testo unico delle imposte sui redditi”. Questo semplice ma rivoluzionario intervento consentirebbe l’estensione dell’applicabilità a tutto il territorio nazionale.

In un ragionamento di costi con l’inserimento di nuova manodopera giovanile, considerata oggi così fino al raggiungimento dei 29 anni, si evince come l’applicazione avrebbe per le aziende un guadagno per risorsa di circa 400 euro, in quanto questi giovani lavoratori hanno di base uno stipendio mensile inferiore rispetto a maestranze più qualificate e da più tempo impiegate nell’azienda.

La Regione Emilia Romagna riconosce, a fondo di solidarietà, un contributo di 40 euro mensili in busta paga per ogni lavoratore che sottoscrive l’accordo.

In conclusione, per ogni 40 mila lavoratori che aderiscono a questo accordo si acconsente l’assunzione di 10 mila giovani disoccupati: la spesa prevista ammonta a circa 20,8 milioni di euro, molto meno del costo di ogni forma di previdenza sociale.

Abbiamo il compito di trovare nuove strade che non siano ancora assistenza pubblica! Recuperiamo la dignità delle persone con l’impiego professionale, poiché sappiamo come non vi sia nulla di più devastante, per un essere umano, del sentirsi inutile alla propria famiglia ed alla propria comunità.

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