Rubrica di psicologia

Perchè si fa fatica ad indossare la mascherina?


di Chiara Lovera – Psicologa e Psicoterapeuta dell’età evolutiva

Che cosa succede in una città se il vetro rotto di una finestra di un edificio non viene cambiato?
Negli anni Ottanta i criminologi Wilson e Kelling provarono a rispondere a questa domanda per analizzare i fattori che in un centro urbano potevano favorire la criminalità, gli atti vandalici e il disordine sociale.

Scoprirono a proposito che il vetro rotto della finestra non sostituito, ben presto, incentivò gli abitanti del quartiere ad infrangere le finestre dell’intero edificio.
Formularono così la teoria delle finestre rotte che evidenzia come il disordine chiami il disordine; ulteriori ricerche hanno messo in luce come questo meccanismo non riguardi solo certe persone o certi quartieri, ma sia diffuso tra tutta la popolazione indipendentemente dallo status sociale o dal
grado di ricchezza e povertà del centro urbano.
Recentemente è stato detto che la teoria delle finestre rotte può spiegare perché le persone non indossino la mascherina assumendo un comportamento responsabile verso la comunità.

Questa è stata l’estate in cui tutti noi abbiamo potuto compiere una prova di normalità dopo i mesi del lockdown; i fatti di cronaca hanno testimoniato la difficoltà di rispettare una regola semplice di prevenzione del contagio: indossare la mascherina.
Scendendo più in profondità è possibile che dentro a questo ci sia il bisogno di rimuovere la realtà in cui ci troviamo, cioè, il bisogno di comportarsi come se non esistesse un reale pericolo di contagio, di vivere l’illusione che nulla sia cambiato.
Altri fattori possono contribuire alla consapevolezza di un comportamento salutare, cruciale è il ruolo dell’informazione: inizialmente l’Organizzazione Mondiale della Salute stessa ha fornito comunicazioni discordanti sulla necessità o meno di utilizzare la mascherina da parte di tutta la popolazione e dall’altro lato si sono propagate false notizie che possono aver generato ulteriore confusione.

Una comunicazione che spaventa o minaccia una punizione per promuovere un comportamento, d’altro canto, rischia di ottenere l’effetto opposto: è stato dimostrato come le persone più preoccupate di un contagio siano quelle che con più difficoltà si adeguavano alle misure preventive
di contenimento. Una comunicazione responsabilizzante, invece, pare essere la più efficace.
Viviamo nella tensione fra due necessità: quella sanitaria di limitare i contatti per limitare la diffusione del virus e quella economica e psicologica di mantenere i contatti sociali.
La consapevolezza e un atteggiamento responsabile nascono dall’equilibrio tra questi bisogni e forse può aiutare affrontare la quotidianità con un atteggiamento step by step – passo dopo passo – e lungimirante insieme.

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