Persone

Cosa ci dice il “caso Vanessa Incontrada” sul bodyshaming e sul mito della bellezza

di Athena Pesando

Negli ultimi giorni il web si è riempito delle immagini di Vanessa Incontrada che posa nuda sulla copertina di Vanity Fair. Una notizia che di primo impatto può sembrare di poca importanza, ma che ha scatenato un dialogo sui social interessante sul femminismo e sulla rappresentazione del corpo delle donne che vale la pena prendere in considerazione.

Il messaggio che voleva far passare Vanessa Incontrada pare essere quello dell’accettazione del proprio corpo che, secondo alcuni, non rientra negli standard socialmente imposti di bellezza canonica. Le reazioni che si sono scatenate con la pubblicazione degli scatti sono principalmente tre: in prima battuta quelle degli “haters” che hanno criticato l’attrice ritenendola “grassa” e quindi inadatta a posare nuda sulla copertina di una rivista. Ci sono poi state le reazioni di chi ha deciso di sostenerla e bollare il suo come un atto rivoluzionario. C’è però una terza questione, sollevata da diverse attiviste femministe che ha senso di essere presa in esame più attentamente.

Alcune attiviste, pur sostenendo il gesto di Vanessa Incontrada in quanto secondo loro “ognuno deve essere libero di fare ciò che vuole col proprio corpo”, hanno fatto notare quanto poco in realtà quel corpo si discosti realmente di poco dagli standard di bellezza canonici: parliamo comunque di una donna ancora giovane, attraente, bianca, abile con pochi chili in più rispetto a quelli considerati “belli” nella nostra cultura contemporanea. Chi la sostiene ed esalta il suo gesto, avrebbe fatto lo stesso se a posare il quel modo fosse stata una donna nera, disabile o molto più grassa di Vanessa Incontrada?

C’è poi ancora un’altra questione che viene sollevata dalle attiviste, soprattutto dalla frangia radicale del femminismo, e cioè: la retorica del “sono bella anche così” è sana? Il dover far passare la validazione dei corpi per forza dal test della bellezza, è il modo giusto? Per dirlo con altre parole, ciò su cui riflettono queste attiviste è: perché abbiamo bisogno di sentirci belle, attraenti, per poterci sentire valide? A nessun uomo è richiesto di essere attraente per poter essere stimato e accettato, mentre sembra che per le donne non vi possa essere accettazione sociale senza il requisito minimo della bellezza, ma perché la bellezza dovrebbe essere un valore? Spesso capita di leggere articoli, post e commenti sulla bellezza o sulla non bellezza di donne che di lavoro non fanno le modelle ma magari sono sportive, attrici, politiche, cantanti, scienziate eccetera. Per quale motivo pensiamo che sia importante parlare della bellezza anche quando essa non è legata alla professionalità e al ruolo che una determinata donna ricopre? Non sarebbe ora di passare dal “sono bella anche così” al “non ho bisogno di essere considerata bella per essere considerata valida”?

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *