Cronache

Funerali di Elisabetta II

Spettacolo magnifico che mi ha sorpresa e catturata senza che avessi alcuna intenzione di assistervi.
Un capolavoro la regia: perfezione di ritmo, sincronia, sfilate, controlli, marce, divise, costumi, preghiere, gesti, formazioni, guardie, armi, tempi, colori, suoni, silenzi. Simbolismo e
cura di ogni minimo dettaglio. Una macchina per ore plurifunzionale perfetta.
Mai visto un evento simile: nemmeno le presentazioni dei grandi Giochi mondiali, enfatici, ma senza il pathos della morte e della autentica commozione di genti toccate dalla storia, consapevoli di partecipare a un atto finale che è già a sua volta storia (i loro silenzi alternati agli applausi. I fiori a migliaia con biglietti e peluche e altri fiori gettati a terra sul percorso, prima uno poi tanti, tantissimi, anche sull’auto, mentre il feretro transitava verso l’ultima stazione, coperto dal drappo regale, come avviene sul palcoscenico con grandi artisti).
Anziani che hanno dormito per terra al freddo per non perdere il posto in coda conquistato da ore, la
commozione motivata e condivisa da racconti personali : tutti a ripetere che alla loro nascita the Queen c’era.
Centinaia di potenti, persino l’imperatore giapponese! (Putin umiliato dal No) a omaggiare una piccola Donna più grande di tutti per il significato storico che ha portato, per l’esempio di senso del dovere e rispetto dello spirito democratico, per la saggezza politica con cui ha attraversato un secolo di enormi trasformazioni e di orrori.
Sono cose che le genti, lì accorse da ogni parte, hanno mostrato, in qualche modo e misura, di sapere.

Infarti è stata straordinaria la partecipazione del pubblico, uno spettacolo nello spettacolo: centinaia di migliaia di persone di ogni età, provenienza, etnia, religione, commosse, eroiche per tenuta di ore, quasi guidate da una regia spontanea, come un corpo solo, fra lacrime e montagne di fiori.
I potenti della terra confluiti a omaggiare, inconsapevoli, in Elisabetta l’archetipo della Gran Madre, celato sotto la gara poltica e mondana.
The Queen ha rappresentato per tutti il secolo planetario, questo enorme mosaico storico di cui ognuno di noi è una tessera con la sua personale vicenda.
Ma Lei è anche per ognuno, che fu bambino, l’edizione fiabesca della bella principessa che sposò il suo bel principe, divenne regina e insieme abitarono in bei castelli, percorsero mari e monti, ebbero figli, nipoti, sudditi fedeli.
E vissero felici, ecc. ecc…
C’è sempre sotterraneo un bisogno d’infanzia di fiabe e meno male che ne permanga l’incanto.
C’è ovviamente, e soprattutto, materia per la politica, il costume, la sociologia, l’antropologia, la psicanalisi.
E anche, per me, dell’umanità della donna carica d’anni, che restò un anno fa – curva e sola – a soffrire davanti al feretro di lui, il suo principe amato, la sua “forza segreta”.

E ancora dell’umanità di una meravigliosa bambina, quella che le somiglia, la sua erede vera. Tra la folla della cattedrale, la più piccola dei reali, elegante e compunta, che infine ha ceduto a un pianto di forte emozione.
È un frammento non previsto dalla inappuntabile regia, quello anarchico dell’infanzia che apre al “regno dei cieli” lo sfarzo di quello terreno e lo trascende.
Gli restituisce e rivela sotto gli apparati e i giochi del potere ciò che tutti ci accomuna: la verità dei sentimenti e la forza delle pulsioni emotive.

Rosalba Perotto Goglio

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