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Senso del limite e responsabilità. Incontro con Umberto D’Ottavio

di Rosanna Caraci

Tra consultazioni al Quirinale, Aventino e Assemblea nazionale, il Pd  cerca di ripartire. Dopo la sconfitta è istintivo cercare il colpevole. Di chi è la colpa della Caporetto del Partito democratico?

Le nostre difficoltà non partono da oggi, ma da quando sostenemmo il governo Monti, la riforma Fornero e poi ancora i tagli al bilancio; ci sono state le elezioni del 2013 che non abbiamo vinto e che con il loro risultato e la storia del la legislatura che ne è seguita hanno palesato tutta la difficoltà di una sinistra che si è trovata  ad assumere le decisioni impopolari degli anni recenti, decisioni spesso non in linea con la nostra storia, per rientrare da una crisi che è stata sofferta dai giovani, dai pensionati. Dobbiamo prendere atto che a fronte di battaglie giuste che abbiamo condotto migliorando la condizione di questo Paese  non siamo stati capiti, e nel frattempo parole d’ordine che erano nostre sono diventate quelle di altri, che ci hanno tolto gli elettori.

Elettori tolti al Pd o che il Pd ha perso?

Il Partito democratico ha dato priorità a persone che non avevano fretta: abbiamo speso tempo ed energie per l’approvazione di leggi che non erano considerate dalla nostra gente come una priorità, gente alla quale abbiamo detto di aspettare e che era esasperata, che voleva prove tempestive del nostro interesse e delle nostre azioni.

Mi assumo le mie responsabilità, le decisioni non sono state prese da una persona sola: dare la colpa a Renzi come se fosse il solo responsabile non è onesto. Renzi ha agito perché gli è stato permesso e se in alcune decisioni ho creduto fortemente, difendendole altre mi hanno lasciato profondamente perplesso.

Quali ad esempio?

La legge elettorale: volevamo un sistema maggioritario e alla fine ci siamo trovati a votare con il Rosatellum che è tutto tranne che una legge che consente di scegliere il candidato anzi, proprio il Collegio Torino-Collegno è stato un esempio: il mio nome alla Camera  è stato indicato all’uninominale perché fortemente radicato sul territorio ma agli elettori si indicava di scegliere il partito d’appartenenza per spingere la lista proporzionale. Il risultato è stato che il candidato “di collegio” non solo non è stato valorizzato ma è stato completamente snaturato in concetto stesso di territorio.  Il collegio ha senso se la legge elettorale prevede il voto disgiunto. Al contrario, e lo abbiamo visto, per i candidati del Pd è stato un massacro.

Dopo il 4 marzo da dove si riparte?

Al Pd viene chiesto da una parte di fare un governo con chi gli ha tolto gli elettori, dall’altra di aprire un dialogo con il centro destra. Quest’ultima esperienza l’abbiamo già fatta, finirà con questo Governo e abbiamo visto che non porta nulla di buono; è complicato prendere sul serio invece chi dice che un Governo lo farebbe sia con il Pd sia con la Lega “purché si dia un Governo al Paese. Significa che non ha ben chiare le differenze tra le politiche dei due schieramenti e che ritiene che destra e sinistra non esistano.

Ma quindi sedersi a discutere con cinque stelle o no?

Ad alcune condizioni è ipotizzabile: presentarsi con dei punti precisi sui quali confrontarsi, comprendere se ci sono convergenze e soprattutto pretendere che l’incontro tra Pd e Cinque stelle sia in streaming, in modo che gli elettori sappiano cosa succede e quali sono le questioni realmente in gioco. Di Maio pone veti, dicendo che il premier è lui, che il programma è quello che i cinque stelle propongono: io dico che ci deve essere un confronto nel merito delle questioni. Ora attenderemo il nuovo giro di consultazioni e la decisione del presidente Mattarella.

La sensazione è che ogni decisione possa essere cristallizzata in attesa della mossa dell’altro, mentre il pd dichiarato che sarà all’opposizione, anche se ancora non è chiaro di chi e di cosa. Dalla propria situazione di stallo, il Pd come ne esce?

Con un congresso vero. Auspico che il 21 aprile ci sia la conferma di Martina in quanto reggente e il congresso entro un anno, il clima dell’assemblea dovrà essere propedeutico al più ampio e franco confronto.

All’Assemblea del 21 aprile c’è chi ipotizza colpi di scena, con il ritiro delle dimissioni da parte dello stesso Renzi.

Significherebbe che altri lascerebbero il Partito dopo quelli che già se ne sono andati. Non possiamo continuare a dire che chi non ci sta può andarsene perché alla fine rimarremo soli. Il partito democratico nasce con lo spirito inclusivo, abbiamo bisogno delle idee di Renzi e degli altri e dobbiamo ragionare su quale strumento per fare politica di sinistra esiste nel nostro Paese.

Questo per contrastare chi vi ha rubato gli elettori? O per riprenderli?

Vede, in molti pensano che gli elettori persi non tornano più: non la penso così. Ma per tornare a essere Partito, e per ascoltarli, occorre smettere i panni  degli amministratori o dei governanti ma tornare a organizzare, dalle fabbriche alla scuola. La sinistra in passato organizzava le forze, la qualità del quotidiano e dava prova di presenza solida e di sicurezza. Ciò è realizzabile ascoltando cosa i cittadini hanno da dirci; finora abbiamo invece detto come la pensiamo noi.

Cosa serve per raggiungere l’obbiettivo?

Mettersi in discussione e in gioco da subito: un partito è bene che rifletta ma deve anche agire. Riflessione e azione non possono essere scollegate tra loro. Fondamentale è mantenere la struttura territoriale del collegio che abbiamo rafforzato in questa campagna elettorale che, se non ci ha portato a vincere, ha però consentito di confrontare e unire persone, bisogni, idee. Il collegio ha permesso di far parlare tra loro gli amministratori portandoli ad un confronto attivo, ha consentito di creare una rete di circoli e militanti ma anche di incontrare persone che hanno lo stesso tipo di problemi e la stessa esigenza di vedersi rispondere presto e con efficacia. Il lavoro del Partito democratico non si è concluso il 4 marzo. La sentenza delle urne ci ha dato un mandato diverso: una sfida ancora più grande. Da questo dobbiamo ripartire. Dalle persone.

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Un pensiero su “Senso del limite e responsabilità. Incontro con Umberto D’Ottavio

  • Salvatore Monastra

    Tutti abbiamo fatto errori.Ora si cambia. Il PD deve eleggere un segretario donna che dia finalmente voce ai bisogni della famiglia e da li che si parte per ritornare in mezzo alla gente.Io sono pronto a rientrare per lavorare e portare acqua al milino per una sinistra unita.Salvatore Monastra

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