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La sinistra delle donne. Incontro con Laura Onofri

di Athena Pesando

Dopo i disastrosi risultati delle elezioni del 4 marzo, dopo il decreto Pillon e il ritorno in auge della “famiglia tradizionale” si sente il bisogno del femminismo nella sinistra quale unica alternativa all’ondata patriarcale del governo giallo-verde. <Molti dei nostri diritti come donne sono solo su carta, poi alla pratica non sempre sono applicati. Si pensi alla legge 194 – dice Laura Onofri, membro della Commissione Regionale Pari Opportunità, parlando della legge sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza – in molte regioni di Italia, sebbene per fortuna il Piemonte non sia una di quelle, le donne non posso abortire perché negli ospedali ci sono solo medici obiettori, o comunque sono in netta maggioranza, e sono quindi costrette a spendere soldi rivolgendosi a cliniche private o a spostarsi in altre regioni per esercitare quello che dovrebbe essere un loro diritto regolamentato dalla legge>.

Onofri parla poi di Jama Fairus Ahmed, un’avvocata somala <Mi ha raccontato che quando si presenta in tribunale spesso la scambiano per una mediatrice culturale e quando indossa la toga rimangono tutti stupiti. Ci sono ancora troppi stereotipi che penalizzano le donne>. Fa riferimento poi al decreto Pillon che <ci riporta indietro di anni. La legge del 2006 sull’affido condiviso era un’ottima legge, che metteva al centro il benessere del bambino, non c’era alcun motivo di cambiarla> e al movimento pro-life <dobbiamo lottare affinché non ci vengano tolti quei diritti, ancora pochi, che abbiamo conquistato: la legge 194, la legge sui consultori e sul divorzio. Questi movimenti hanno il solo fine di restaurare il potere maschilista e rimettere le donne in cucina a fare figli, ridargli quel ruolo arcaico di “angelo del focolare”. Dobbiamo impegnarci per continuare ad avere più diritti e tutele, ad oggi c’è ancora un dislivello economico nella busta paga di uomini e donne che svolgono le stesse mansioni, per non parlare di quelle donne costrette a un part-time con stipendi troppo bassi che non permettono una reale autonomia da un partner maschile o della pressione psicologica e delle discriminazioni lavorative che subiscono le donne quando decidono di essere madri e lavoratrici>. <Dobbiamo rivendicare le cose buone che abbiamo fatto, ma anche farci un esame di coscienza e capire cosa non ha funzionato. Bisogna riavvicinarsi alle fasce deboli della società e fare la guerra alle diseguaglianze ed inoltre dobbiamo smettere di aver paura di usare la parola “femminismo”>.

 

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