Cronache

Terremoto in Marocco

È l’otto settembre. Sono passate le 11 da qualche minuto. L’impiegato della cassa ha chiuso la contabilità della giornata e mi saluta. Gli ultimi clienti del ristorante sono appena usciti e li vedo ancora attraverso la porta vetrata. Mi alzo in piedi e sto per avviarmi al piano superiore dove mia moglie Marisa è già andata a dormire. Sento cuochi e camerieri scambiarsi saluti e avviarsi verso l’uscita. Improvvisamente i muri si cominciano a muovere. Non puoi pensare che sia altro diverso da un terremoto. Ti stupisci: “Terremoto a Marrakech? È mai possibile?”. L’onda cresce con rumore assordante e pensi che non ci sia scampo, che ci sia ancora soltanto qualche secondo prima della fine. Dura dieci brevissimi eterni secondi che se fosse stato più lungo non ci sarebbe più una casa in piedi. I muri vengono verso di te minacciosi, un’energia rabbiosa scuote tutto.

Marisa è di sopra che dorme debbo raggiungerla penso, accertato che sono ancora vivo. La cuoca Fatima ha lo stesso pensiero. Sento che urla: “Madame, madame”. Vedo che sale verso il secondo piano e il sisma la butta giù dalle scale. Si rialza una, due, tre volte, corre verso sopra mentre io sono bloccato dai camerieri che mi urlano che devo andare verso la porta. Mi divincolo e salgo anch’io. Marisa è irriconoscibile in preda a confusione. Ci portiamo correndo verso un terrazzino aperto. Se la struttura sta in piedi è il posto meno pericoloso. Ci raggiungono alcuni camerieri che erano venuti a soccorrerci. Qualcuno grida, qualcuno piange. Mi faccio forza e chiedo il silenzio. Siamo vivi e fuori pericolo al momento. Gli uccelli hanno abbandonato i nidi e riempiono il cielo di strida. Non c’è connessione di rete per cui nessuno riesce a contattare le famiglie; cresce la preoccupazione e qualcuno comincia a disperarsi. Si sentono grida dalla strada, stanno tutti fuggendo verso luoghi aperti, prendendo il rischio di attraversare le stradine della Medina dove già ci sono stati diversi crolli. Li vediamo dal nostro punto di osservazione perché salgono al cielo nuvole di polvere. A poco a poco subentra un silenzio assoluto. Non c’è più nessuno, sono tutti fuggiti verso gli ampi giardini della grande piazza. Si comincia a sentire qualche sirena in lontananza.

Purtroppo, intuiamo già quello che è avvenuto; nessuna casa vecchia può aver assorbito tanta energia. E sappiamo anche che l’epicentro è sull’Atlas dove si fronteggiano la placca africana e quella europea. Là le case sono senza armatura. Tanta gente sarà sotto le macerie.

Qualcuno dei ragazzi è riuscito a telefonare alla famiglia e decide di uscire. Arrivano sui cellulari immagini terribili. Nella nostra strada ci sono cumuli di macerie che rendono impossibile il passaggio. Alla fine, restiamo soli con la cuoca Fatima. C’è qualche scossa di assestamento. Abbiamo ancora la luce, mentre tutt’intorno è buio pesto.

Decidiamo di accamparci in terrazza. Rientriamo di corsa in casa qualche secondo a prendere delle coperte. Naturalmente nessuno ha dormito. Cerchiamo notizie sul cellulare.

Il bollettino del disastro comincia a parlare di centinaia di morti. Va via la luce, ma la luna illumina Marrakech messa in ginocchio.

Oggi 10 settembre siamo usciti. I morti sono più di duemila e altrettanti i feriti. È un disastro paragonabile al terremoto dell’Irpinia. Sappiamo che molti feriti sono coricati all’esterno degli ospedali perché non c’è più posto dentro. La moglie del mio direttore Aimad, che è infermiera, ha lasciato il bambino di quattro anni alla vicina ed è partita per il suo villaggio dove urge personale medico. Tutte le case vecchie di Marrakech sono cadute o lesionate irrimediabilmente. Non c’è nessuna protezione per cui il transito è pericolosissimo. Enormi macigni incombono. Tutte le sopraelevazioni abusive sono cadute. Le costruzioni messe in piedi alla domenica approfittando della mancanza di controlli o della compiacenza dei controllori sono lesionate. Si profila un enorme lavoro di demolizione.

I turisti sono terrorizzati e cercano di rientrare. In effetti pare che non ci sia un pericolo immediato. Alla grande scossa di 7 gradi Richter hanno fatto seguito soltanto deboli scosse di assestamento che qui a Marrakech praticamente non si sentono. L’ufficio di sismologia ha ipotizzato che non possano verificarsi scosse come la prima dato che l’enorme energia accumulata si è scaricata e prevede soltanto scosse di assestamento. Ma la paura è stata tale che ammesso e non concesso che il loro hotel sia ancora agibile, vogliono andarsene. I voli da Marrakech sono completi e al momento non c’è stato nessun volo speciale. La Farnesina ha consigliato di andare a Casablanca o a Rabat. Ci vogliono alcune ore e duecento euro di taxi, dunque non è facile. Però ha dimenticato di dire di muoversi solo dopo aver acquistato un biglietto. Da Casablanca non ci sono voli economici per l’Italia (Royal Air Maroc per Roma o Milano parte da 400 euro) e da Rabat c’è un solo volo Ryanair disponibile per Roma a circa 350 euro il 14 settembre. Dunque, consigli di cui si può fare benissimo a meno.

Nino Moro, ristoratore di Marrakech.

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