Cultura

Natale. Un incontro tra civiltà

di Stefano Marengo

Il Natale è un meraviglioso esempio di incontro tra civiltà.
Anticamente, la celebrazione della natività rimpiazzò la festa pagana del sol invictus, una festa molto popolare a Roma e direttamente derivata dal culto di Mitra.
Il mitraismo, religione che ebbe un notevole sviluppo in età ellenistica, si diffuse in tutto l’impero grazie alla devozione dei soldati inquadrati nelle legioni d’Oriente, di stanza sul confine partico/persiano.
Proprio in Persia, infatti, e in particolare nell’antichissima religione zoroastriana, vanno rintracciate le radici del mitraismo. Si tratta di una tradizione che arriva fino a noi: in questi giorni in Iran si è celebrata la notte di Yalda, ossia, in pratica, la festa del solstizio.
Religioni della luce, insomma, celebrazioni del sole.
Se a questo punto abbandoniamo il piano storico per un approccio morfologico, il rimando quasi scontato è al culto di Aton (il disco solare), introdotto nell’antico Egitto dal faraone Akhenaton, e non escluderei una connessione con la Hannukkah, la festa delle luci ebraica, che non a caso cade nel 25mo giorno del mese di kislev (dicembre).
Sotto il profilo filosofico, è d’obbligo il rimando alla cosiddetta “metafisica della luce”, nata in ambiente greco e neoplatonico (con Plotino e Proclo) e che tanta influenza avrebbe avuto nei millenni successivi: sul pensiero cristiano a partire da Agostino e dallo pseudo Dionigi; sul pensiero islamico (sia sunnita che sciita) con pensatori arabi e persiani come al-Kindi, al-Ghazali, Avicenna, Avicebron e Sohravardi (per citarne solo alcuni).
In conclusione, intorno al Natale, nello spazio e nel tempo, c’è una rete che unisce i cristiani ai romani, ai greci, agli egizi, ai persiani, agli arabi, agli ebrei, ai musulmani… E sono certo che, se si cercasse bene (magari sulle principali direttrici di migrazione indoeuropea come Caucaso, Sarmazia e India), salterebbero fuori nuove connessioni.
Morale della storia: proprio in ragione delle sue origini, il Natale dovrebbe insegnarci che le identità culturali non sono isole né, tanto meno, roccaforti da difendere, ma nascono dall’incontro di tradizioni e credenze, saperi e prassi molteplici e plurali. In altre parole, la rivendicazione di un’identità del tipo “noi contro loro” (la base ideologia di qualsiasi “scontro di civiltà”) si configura come un tradimento fondamentale della nostra identità stessa. L’unico modo per restarle fedeli, per contro, è rimanere aperti all’incontro con l’altro (con “loro”): essere autenticamente ciò che si è significa essere disposti a cambiare, a lasciarsi “contaminare”.

 

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