PoliticaSalute e benessere

Fondo sanitario regionale. Adeguarne il riparto.

Stefano Marengo

Individuare nuovi e più adeguati metodi di riparto del Fondo sanitario regionale che portino al superamento del criterio, finora adottato, della “spesa storica”.

Sia a livello nazionale che a livello regionale, il riparto del Fondo sanitario costituisce uno degli atti cardine della programmazione in materia di salute. In Piemonte, in particolare, alle singole Aziende Sanitarie vengono ogni anno attribuite le risorse di competenza in base al principio della “spesa storica”, vale a dire in ragione del trend consolidato dei finanziamenti erogati negli anni.

Tale criterio, che pure in passato aveva fornito delle solide basi per un buon governo dei conti, oggi non risulta più affidabile né del tutto equo.  Se consideriamo la spesa sanitaria pro capite relativa al solo 2016, vediamo infatti come, a fronte di una media regionale di risorse per cittadino di circa 1.640 euro, l’applicazione del criterio della spesa storica abbia prodotto un’evidente sperequazione tra i diversi territori, con alcune ASL (come ad esempio quelle di Novara, Cuneo 2 e Torino 3) che ricevono molte meno risorse rispetto alla media.

Queste discrepanze sono imputabili a diverse cause – come la maggior crescita demografica di alcune aree rispetto ad altre e l’insorgere di nuove esigenze di salute – di cui il criterio dalla spesa storica di per sé non tiene conto. È pertanto evidente l’esigenza di elaborare nuovi strumenti per la ripartizione delle risorse che ponderino anche questi mutamenti intervenuti nei singoli contesti sociali. D’altra parte, il superamento del criterio finora adottato, oltre a promuovere una maggiore equità tra i singoli territori, può anche garantire l’efficienza dei servizi, con finanziamenti maggiormente calibrati sulle specifiche esigenze di salute delle aree interessate. Oggi, venuti meno gli impegni gravosi del piano di rientro dal debito sanitario, si possono muovere i primi passi in questa direzione.

Occorre comunque precisare che l’intenzione dell’atto di indirizzo presentato non è quella di pervenire ad una ripartizione delle risorse per ciascuna azienda semplicemente conforme alla media pro capite regionale. Esistono infatti delle ragioni di fondo che giustificano ampiamente l’attribuzione di più fondi ad alcune ASL piuttosto che ad altre. È normale e pienamente accettabile, ad esempio, che le aree geograficamente più disagiate (come le zone montane) o quelle in cui si concentrano servizi di più alta complessità e che sono punti di riferimento per tutta la realtà regionale (come l’area urbana torinese) ricevano più risorse per l’organizzazione delle proprie attività sanitarie.

L’impegno richiesto alla Giunta regionale è allora quello di individuare un metodo di ripartizione delle risorse capace di tenere conto di tutte queste specificità ed esigenze senza generare iniquità. Una soluzione possibile è l’adozione del meccanismo della cosiddetta “quota capitaria pesata”, ossia un insieme articolato di criteri che vengono applicati alla popolazione e ai servizi presenti sul territorio, da cui far scaturire il finanziamento. Nel frattempo, in attesa che tale meccanismo venga compiutamente sviluppato, è possibile anticipare misure ad hoc di riequilibrio impiegando parte dei risparmi che dovessero verificarsi grazie alle azioni di efficientamento e alla progressiva riduzione dei debiti sanitari.

Intervenendo nel corso della conferenza stampa, ho segnalato l’urgenza non solo di procedere sulla via indicata dall’ordine del giorno, ma anche di avviare un percorso analogo per quanto concerne la ripartizione del fondo indistinto destinato agli enti gestori delle funzioni socio assistenziali. Anche nell’ambito delle politiche sociali, infatti, il criterio della spesa storica ha prodotto negli anni incongruenze e iniquità nella distribuzione delle risorse, con conseguenti aggravi di spesa per gli enti locali. Si tratta adesso di dotarsi, anche in questo ambito, di principi di governo della spesa più efficaci ed efficienti.

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